Il romanzo distopico è un genere nato più di un secolo fa, agli albori della rivoluzione industriale quando nuove prospettive creavano nuove implicazioni teoriche, che hanno dato forma a un intero filone letterario. Il genere sembra godere di una fiorente seconda vita, da diversi anni ormai, e la distopia è il punto di partenza di molte delle storie che si pubblicano in questi tempi (complicati). Nella loro genesi, questo tipo di storie hanno esplorato le molte declinazioni a cui la realtà può approdare, partendo da presupposti attuali, reali, maturandone a livello teorico risposte diverse a una stessa ipotesi: la peggiore.

Nella peggiore delle ipotesi Milano potrebbe essere attraversata da muri, mutilata e violata come i corpi accatastati nelle periferie. Cadaveri o cose, funzionanti e perfette e senza pensieri, come in Avrai i miei occhi, di Nicoletta Vallorani (attualmente in lettura ndr)

L’ipotesi peggiore ha creato un non ben definito regime totalitario che impone alle donne funzioni specifiche, rendendo ciascuna di loro semplice strumento da utilizzare per un fine superiore. Come nel Racconto dell’ancella, di Margaret Atwood.

E così via.

Nella peggiore delle ipotesi un virus fuori controllo sta minacciando la razza umana… e no, non mi riferisco ai comunicati Ansa delle ultime settimane (a tutti gli effetti una storia ancora da scrivere), ma all’Ombra dello scorpione, di Stephen King. E molti altri.

Il romanzo distopico è un genere nato più di un secolo fa, agli albori della rivoluzione industriale quando nuove prospettive creavano nuove implicazioni teoriche, che hanno dato forma a un intero filone letterario. Il genere sembra godere di una fiorente seconda vita, da diversi anni ormai, e la distopia è il punto di partenza di molte delle storie che si pubblicano in questi tempi (complicati). Nella loro genesi, questo tipo di storie hanno esplorato le molte declinazioni a cui la realtà può approdare, partendo da presupposti attuali, reali, maturandone a livello teorico risposte diverse a una stessa ipotesi: la peggiore.

Nella peggiore delle ipotesi Milano potrebbe essere attraversata da muri, mutilata e violata come i corpi accatastati nelle periferie. Cadaveri o cose, funzionanti e perfette e senza pensieri, come in Avrai i miei occhi, di Nicoletta Vallorani (attualmente in lettura ndr)

L’ipotesi peggiore ha creato un non ben definito regime totalitario che impone alle donne funzioni specifiche, rendendo ciascuna di loro semplice strumento da utilizzare per un fine superiore. Come nel Racconto dell’ancella, di Margaret Atwood.

E così via.

Nella peggiore delle ipotesi un virus fuori controllo sta minacciando la razza umana… e no, non mi riferisco ai comunicati Ansa delle ultime settimane (a tutti gli effetti una storia ancora da scrivere), ma all’Ombra dello scorpione, di Stephen King. E molti altri.

I piedi per terra e la testa in aria: come nasce un romanzo distopico

Impronte fossili nel fango secco. In un androne un cadavere ridotto a cuoio. Con una smorfia di scherno rivolta al giorno. Si strinse ancora di più al bambino. Ricordati che le cose che ti entrano in testa poi ci restano sempre, gli disse. Forse dovresti rifletterci.
Però certe cose uno se le dimentica no?
Sì. Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare.
(Corman McCarthy, La strada, 2006)

Il resto è immaginazione.

L’uomo cammina con i piedi in terra e la testa in aria; e la storia di ciò che è accaduto sulla terra […] è solo una metà della storia dell’uomo (Lewis Mumford, Storia dell’utopia, Bologna 1968).

Dunque siamo a un bivio. Cosa fare adesso?

Proseguire con i piedi per terra, o prendere la deviazione che vi condurrà verso l’altra metà della storia, con la testa in aria? La risposta di chi si appresta a costruire un’opera di questo genere è, ovviamente, la seconda. La stessa domanda da farsi con in mano un libro di Orwell, Atwood, Takami, Golding, Vonnegut, Ballard, Bradbury, Matheson, McCarthy (e molti altri), mentre l’intenzione di aprirlo si fa seria. Le cose che vi entrano in testa, d’altronde, poi ci restano sempre, e c’è una buona probabilità che dopo aver girato l’ultima pagina la realtà appaia diversa da come si è abituati a vederla.

Impronte fossili nel fango secco. In un androne un cadavere ridotto a cuoio. Con una smorfia di scherno rivolta al giorno. Si strinse ancora di più al bambino. Ricordati che le cose che ti entrano in testa poi ci restano sempre, gli disse. Forse dovresti rifletterci.

Però certe cose uno se le dimentica no?

Sì. Ci dimentichiamo le cose che vorremmo ricordare e ricordiamo quelle che vorremmo dimenticare.

(Corman McCarthy, La strada, 2006)

Il resto è immaginazione.

L’uomo cammina con i piedi in terra e la testa in aria; e la storia di ciò che è accaduto sulla terra […] è solo una metà della storia dell’uomo (Lewis Mumford, Storia dell’utopia, Bologna 1968).

Dunque siamo a un bivio. Cosa fare adesso?

Proseguire con i piedi per terra, o prendere la deviazione che vi condurrà verso l’altra metà della storia, con la testa in aria? La risposta di chi si appresta a costruire un’opera di questo genere è, ovviamente, la seconda. La stessa domanda da farsi con in mano un libro di Orwell, Atwood, Takami, Golding, Vonnegut, Ballard, Bradbury, Matheson, McCarthy (e molti altri), mentre l’intenzione di aprirlo si fa seria. Le cose che vi entrano in testa, d’altronde, poi ci restano sempre, e c’è una buona probabilità che dopo aver girato l’ultima pagina la realtà appaia diversa da come si è abituati a vederla.

romanzo distopico
distopia

Il bivio è un classico: a destra la strada è battuta e illuminata dal sole. È la strada tracciata dalla Storia, narrata negli Annales e arrivata fino a noi grazie all’opera degli storiografi. Se la vostra immaginazione si è presa la libertà di corredare il paesaggio di stormi di passerotti cinguettanti, il consiglio è di abbatterli senza pietà: è pur sempre della Storia dell’uomo che stiamo parlando.

A sinistra la luce si è arresa alla nebbia e al groviglio fitto di spettrali, arboree vestigia. La visibilità è scarsa. Non sappiamo se il fondo sia in terra battuta, o fango; se calpesteremo foglie morte o se le nostre suole affonderanno in un humus di organiche putrefazioni. E solo con un notevole sforzo di fantasia possiamo immaginare quali creature potremmo incontrare, una volta entrati. Ma di una cosa siamo certi: non sarà una semplice passeggiata nel bosco.

Forse vorremo scappare a un certo punto: lontano dalle creature che strisciano silenziose tra gli alberi, (venute a fiutare la nostra carne); lontano dalla macchina di una società parallela, ma molto plausibile, prima di rimanere schiacciati tra le ruote dentate dei suoi ingranaggi.

Il bivio è un classico: a destra la strada è battuta e illuminata dal sole. È la strada tracciata dalla Storia, narrata negli Annales e arrivata fino a noi grazie all’opera degli storiografi. Se la vostra immaginazione si è presa la libertà di corredare il paesaggio di stormi di passerotti cinguettanti, il consiglio è di abbatterli senza pietà: è pur sempre della Storia dell’uomo che stiamo parlando.

A sinistra la luce si è arresa alla nebbia e al groviglio fitto di spettrali, arboree vestigia. La visibilità è scarsa. Non sappiamo se il fondo sia in terra battuta, o fango; se calpesteremo foglie morte o se le nostre suole affonderanno in un humus di organiche putrefazioni. E solo con un notevole sforzo di fantasia possiamo immaginare quali creature potremmo incontrare, una volta entrati. Ma di una cosa siamo certi: non sarà una semplice passeggiata nel bosco.

Forse vorremo scappare a un certo punto: lontano dalle creature che strisciano silenziose tra gli alberi, (venute a fiutare la nostra carne); lontano dalla macchina di una società parallela, ma molto plausibile, prima di rimanere schiacciati tra le ruote dentate dei suoi ingranaggi.

Il bivio è un classico: a destra la strada è battuta e illuminata dal sole. È la strada tracciata dalla Storia, narrata negli Annales e arrivata fino a noi grazie all’opera degli storiografi. Se la vostra immaginazione si è presa la libertà di corredare il paesaggio di stormi di passerotti cinguettanti, il consiglio è di abbatterli senza pietà: è pur sempre della Storia dell’uomo che stiamo parlando.

A sinistra la luce si è arresa alla nebbia e al groviglio fitto di spettrali, arboree vestigia. La visibilità è scarsa. Non sappiamo se il fondo sia in terra battuta, o fango; se calpesteremo foglie morte o se le nostre suole affonderanno in un humus di organiche putrefazioni. E solo con un notevole sforzo di fantasia possiamo immaginare quali creature potremmo incontrare, una volta entrati. Ma di una cosa siamo certi: non sarà una semplice passeggiata nel bosco.

Forse vorremo scappare a un certo punto: lontano dalle creature che strisciano silenziose tra gli alberi, (venute a fiutare la nostra carne); lontano dalla macchina di una società parallela, ma molto plausibile, prima di rimanere schiacciati tra le ruote dentate dei suoi ingranaggi.

Il romanzo distopico: avvertenze per l’incauto lettore

La segnaletica, vecchia e scolorita, non offre molte indicazioni, e di certezze, a parte quella che a un certo punto (una volta chiuso il libro) le strade si ricongiungeranno, non ce ne sono. A poco servono consigli per l’incauto lettore che per la prima volta si appresta alla lettura di un romanzo distopico, e nemmeno le parole di chi spesso di è avventurato in quelle terre possono servire. L’esperienza di lettura è diversa e personale.

Ma ognuno può scegliere: avete ragioni sufficienti per intraprendere il viaggio? È necessario chiederseloa questo punto.

La Storia dell’uomo è cosparsa di abomini altrettanto mostruosi (alcuni peggiori) di quelli che si possono incontrare laggiù, nella realtà parallela creata dallo scrittore.

La stessa Storia, inoltre (non è certo un segreto) non è mai stata immune all’utilizzo dell’immaginazione, di cui si è servita per colmare lacune, o condiscendere a prospettive dell’io narrante (o meglio, dell’io reggente). E non lo è tutt’ora, nonostante una visuale notevolmente più ampia e mezzi che dovrebbero garantire fedeltà storica al messaggio che veicolano. Dunque non c’è alcuna garanzia che la strada di destra, illuminata dal sole, resti sul piano della realtà dei fatti per tutto il tragitto.

La segnaletica, vecchia e scolorita, non offre molte indicazioni, e di certezze, a parte quella che a un certo punto (una volta chiuso il libro) le strade si ricongiungeranno, non ce ne sono. A poco servono consigli per l’incauto lettore che per la prima volta si appresta alla lettura di un romanzo distopico, e nemmeno le parole di chi spesso di è avventurato in quelle terre possono servire. L’esperienza di lettura è diversa e personale.

Ma ognuno può scegliere: avete ragioni sufficienti per intraprendere il viaggio? È necessario chiederseloa questo punto.

La Storia dell’uomo è cosparsa di abomini altrettanto mostruosi (alcuni peggiori) di quelli che si possono incontrare laggiù, nella realtà parallela creata dallo scrittore.

La stessa Storia, inoltre (non è certo un segreto) non è mai stata immune all’utilizzo dell’immaginazione, di cui si è servita per colmare lacune, o condiscendere a prospettive dell’io narrante (o meglio, dell’io reggente). E non lo è tutt’ora, nonostante una visuale notevolmente più ampia e mezzi che dovrebbero garantire fedeltà storica al messaggio che veicolano. Dunque non c’è alcuna garanzia che la strada di destra, illuminata dal sole, resti sul piano della realtà dei fatti per tutto il tragitto.

Narrare la distopia

La stessa forza immaginifica, ha dato vita, per mano di alcuni scrittori, a mondi alternativi. Mondi che possono sembrare distanti dal nostro ma che in realtà non lo sono affatto: città futuriste in cui le macchine si ribellano all’uomo (R.U.R. Karel Capec, Io Robot, I.Asimov), o in cui la vita di tutti è regolata da un regime di forte controllo, che schiaccia ogni forma di libertà individuale (1984, G.Orwell; Mondo Nuovo, A.Huxley. Ma anche il film Metropolis di Fritz Lang). Ma lo scrittore del romanzo distopico, offre almeno due occasioni al lettore che vorrà seguirlo: in quanto opera di fantasia offrirà per prima cosa l’occasione di una fuga dalla realtà (spesso sull’orlo di una crisi, al tempo in cui lui la scrive); e in secondo luogo, offrirà un punto di vista critico dello stato politico e sociale da cui prende spunto, e di cui, nella distopia letteraria creata, esaspera gli aspetti negativi portandoli all’estrema conseguenza.

Da questo punto di vista, se parliamo di onestà di intenti, sarò sempre più propensa a percorrere la menzogna dello scrittore. E forse, se siete nati in questo secolo e in questa galassia e appartenete alla mia stessa specie, avrete provato anche voi, almeno una volta, il segreto, codardo piacere di rifugiarsi in una storia di fantasia mentre, intorno a noi, il mondo reale va a rotoli.

La stessa forza immaginifica, ha dato vita, per mano di alcuni scrittori, a mondi alternativi. Mondi che possono sembrare distanti dal nostro ma che in realtà non lo sono affatto: città futuriste in cui le macchine si ribellano all’uomo (R.U.R. Karel Capec, Io Robot, I.Asimov), o in cui la vita di tutti è regolata da un regime di forte controllo, che schiaccia ogni forma di libertà individuale (1984, G.Orwell; Mondo Nuovo, A.Huxley. Ma anche il film Metropolis di Fritz Lang). Ma lo scrittore del romanzo distopico, offre almeno due occasioni al lettore che vorrà seguirlo: in quanto opera di fantasia offrirà per prima cosa l’occasione di una fuga dalla realtà (spesso sull’orlo di una crisi, al tempo in cui lui la scrive); e in secondo luogo, offrirà un punto di vista critico dello stato politico e sociale da cui prende spunto, e di cui, nella distopia letteraria creata, esaspera gli aspetti negativi portandoli all’estrema conseguenza.

Da questo punto di vista, se parliamo di onestà di intenti, sarò sempre più propensa a percorrere la menzogna dello scrittore. E forse, se siete nati in questo secolo e in questa galassia e appartenete alla mia stessa specie, avrete provato anche voi, almeno una volta, il segreto, codardo piacere di rifugiarsi in una storia di fantasia mentre, intorno a noi, il mondo reale va a rotoli.